Coraggio. È il vostro turno. Cominciate a bussare.
Giovedì scorso si è concluso Scrittura Sospesa, il laboratorio di scrittura per il teatro su piattaforma web, che ha coinvolto alcuni dei giovani uomini e delle vite che attraversano Diverse Visioni: Harouna, Ibrahima, Cham, Mustafa, Khaoussou, Dennis, Alpha, con la partecipazione da Ravenna di Adama e Giulia e Vito. Sono nati alcuni testi, alcuni testi non sono nati (anche questo è processo di lavoro) e cominciano ad intravedersi alcuni semi: è stato un momento importantissimo per sperimentare il rischio altissimo dell’ascolto (soprattutto quando si ha la possibilità di staccare il microfono). Sabato si è anche conclusa ...And still we go high, la piattaforma di scambio che Diverse Visioni ha attivato durante la quarantena.
Adesso siamo in attesa. Durante la quarantena, abbiamo cercato, con il massimo dell’onestà, di capire dove e come il nostro lavoro potesse intervenire, non perché credessimo nel muscolare approccio del «non si ferma» e neanche perché pensassimo ci fosse bisogno (e tantomeno voglia) di «attività». Abbiamo lavorato in silenzio, abbiamo lavorato sotto traccia. È stata una spinta alla protezione ed alla tutela dell’invisibile e del sottile, dei legami creati, delle parole spese, dei sogni incoraggiati, delle ore condivise in quella forma particolare che si chiama «teatro».
Adesso abbiamo bisogno dell’incontro. Adesso siamo in attesa.
Aspettiamo:
Un protocollo chiaro, definito e senza ambiguità che includa e preveda un pensiero - teatro nella sua complessità e nelle sua molteplicità di azioni. Non perché abbiamo bisogno che qualcuno ci dica cosa fare, ma per la giusta ripartizione di responsabilità tra strategie e tattiche. Perché l’ambiguità amministrativa è un facile ricatto per legittimare la cialtroneria, il coniglio tirato fuori dal cappello, la soluzione facile e improvvisata. Noi vogliamo tutelare il nostro diritto ad un percorso nel tempo che si realizza in ogni istante del nostro vivere, che si esprime effettuando scelte, intersezioni e, perché no, anche trasformazioni che possano, però, essere agite e non subite.
Spazi. Cronica assenza a Palermo. Li aspettiamo da sempre. Li abbiamo sempre aspettati. Uno spazio per la cultura non è un ripostiglio, uno spazio riadattato, non è un magazzino, né un spazio occupato da altri spazi. Non può essere gelido di inverno e invivibile per il caldo d’estate. Non è uno spazio senza servizi igienici, uno spazio per cui bisogna bussare infinite volte ad infinite porte, uno spazio per cui non si hanno risposte, si hanno in ritardo, oppure mai. Non è uno spazio che non dà possibilità di programmare. Non è spazio per la cultura lo spazio non tutelato da una visione, da un indirizzo amministrativo coerente, non è spazio lo spazio che non ti tutela mentre sei al lavoro al suo interno, lo spazio dilaniato da faide personali o politiche. E, soprattutto, lo spazio per la cultura è uno spazio pubblico, come la salute, come lo stare bene, come questo distanziamento che tutti ci ostiniamo a chiamare sociale, ma che è un distanziamento sanitario che impone delle regole che tutti dovremmo essere messi nelle condizioni di rispettare.
Ed infine, aspettiamo
La fine di questa attenzione distratta da parte di amministrazione e di enti istituzionali, che non è un ossimoro, ma una modalità troppo comoda. Troppe e troppo banali le gaffes, solo in queste ultime settimane di “riapertura”, nei confronti degli artisti del “territorio”, esternazioni leggere che sono campanello di allarme o di un pensiero troppo semplificato, o di un’impostazione elitista o di una visione gerarchica del mondo culturale vecchia come il cucco. Non conoscere chi opera sul territorio non è demerito di chi opera, è grave lacuna di chi, in quel territorio, ha responsabilità direzionali. Non siamo gattini di facebook che hanno bisogno dei vostri like. Siamo qui. Siamo vivi. Presto usciremo tutti dalle nostre case. Coraggio. È il vostro turno. Cominciate a bussare.
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